L’Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti

Il “si” di Maria, condizione alla Redenzione.

Tratto da Artesvelata.it

di Giuseppe Nifos

Ambrogio Lorenzetti, come il fratello Pietro, anch’egli pittore, nacque a Siena nel 1285 e morì nella stessa città durante la peste del 1348. Si formò, assieme a Pietro e a Simone Martini, nella cerchia di Duccio, di cui fu allievo. Lavorò a Firenze e soprattutto a Siena. A differenza di Duccio e di Simone, Ambrogio ricusò in parte la cultura figurativa senese: si avvicinò con maggiore curiosità all’arte di Giotto e, studiando i dipinti del fiorentino, imparò a esaltare i valori plastici delle figure e a strutturare le immagini con forza e vigore. L’Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti.

Anche se talvolta lavorarono insieme, Pietro e Ambrogio elaborarono comunque due stili differenti. Ambrogio fu in genere più immediato, schietto e popolare e riuscì sempre a esprimere con le sue opere una vasta gamma di sentimenti. Negli ultimi capolavori della sua maturità, tra cui l’Annunciazione della Pinacoteca di Siena, spazi prospetticamente ben costruiti accolgono figure pacate, salde nella loro robusta volumetria, concentrate in un colloquio muto ma chiaro e diretto.

Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, 1344. Tempera su tavola, 1,21 x 1,16 m. Siena, Pinacoteca Nazionale.

L’iconografia dell’ “Annunciazione”

L’Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti è una delle cinque opere firmate e datate dell’artista. Nella scritta sottostante alla scena, infatti, si leggono la data di esecuzione, 1344, il nome del pittore (Ambruogio Lorenzi) e quello dei committenti (i Magistrati della Gabella di quell’anno). Ambrogio scelse di trattare il soggetto evangelico in modo apparentemente tradizionale. La Vergine Maria, intenta in una lettura, viene distolta dall’Arcangelo Gabriele, il quale si inginocchia davanti a lei tenendo in mano un ramo di palma (invece che il giglio, tipico attributo mariano). Anche questa pianta è tuttavia collegata alla figura della Vergine, in virtù di un passo del Cantico dei Cantici: «La tua statura assomiglia a una palma e i tuoi seni a grappoli».

Anche il libro è un oggetto che compare quasi sempre nelle Annunciazioni. Il significato del libro tenuto in mano da Maria o posato su un leggio dipende, in realtà, dalle sue caratteristiche: un libro grande può essere identificato con la Bibbia o testi sacri o trattati di teologia; un libro piccolo rimanda a momenti più intimi, di preghiera e di meditazione. Nell’iconografia dell’Annunciazione, il libro è probabilmente l’Antico Testamento: secondo una tradizione medievale, infatti, l’angelo sorprese Maria concentrata in preghiera, che rifletteva sul passo biblico in cui il profeta Isaia preannuncia la futura venuta del Messia sulla Terra.

Gabriele, coronato di l’alloro, ha curiosamente quattro ali: a quelle originali, aperte e dipinte in scorcio, furono aggiunte nel XV secolo quelle chiuse. Maria, interamente coperta da un manto blu, decorato con una stella sulla spalla sinistra (Maria è infatti detta Stella maris, ‘stella del mare’), abbandona il libro aperto sulle ginocchia e incrocia le mani al petto, un gesto tipico della Vergine Annunziata.

La gestualità di Maria

Proprio la gestualità di Maria, rigorosamente codificata, consente al fedele di comprendere esattamente quale momento del racconto gli viene presentato: il turbamento della Madonna all’apparire dell’angelo (conturbatione), l’ascolto delle sue parole (cogitatione), i dubbi espressi su quella gravidanza che non era stata preceduta da rapporti coniugali (interrogatione), l’accettazione della volontà di Dio (humiliatione) e l’attimo prima della partenza di Gabriele, che lascia Maria miracolosamente gravida (meritatione). Le braccia incrociate al petto indicano che l’arcangelo ha già annunciato a Maria la sua futura gravidanza e le sta spiegando come tale miracoloso concepimento possa avvenire.

Le parole di Gabriele, «Non est impossibile apud Deum omne verbum», sono visibili nello spazio che lo separa dalla Madonna. Il suo dito rivolto verso l’alto fa un esplicito riferimento a Dio Padre e proprio verso quella direzione Maria sta guardando, umile e remissiva, rispondendo: «Ecce Ancilla Domini». La Vergine accetta il volere di Dio.

Lo Spirito Santo, raffigurato in forma di colomba, si dirige verso Maria per concepire Gesù. Sull’aureola della Vergine si legge il saluto iniziale dell’arcangelo: «Ave Maria, Gratia Plena, dominus tecum».

I due protagonisti della scena occupano due spazi distinti, separati da un vuoto e da un elemento centrale verticale, in questo caso una colonnina, a sottolineare la loro differente natura (divina quella dell’angelo e terrena quella della Vergine). Tuttavia, proprio la colonnina tortile centrale, che sostiene due archi trilobati, vuole anche indicare che la scena si svolge all’interno di un portico o di una loggia.

Nel dipinto manca una reale rappresentazione di tale ambiente, di fatto poi sostituito dal fondo oro; tuttavia, le masse corporee di Maria e dell’angelo annunciante e soprattutto la realistica rappresentazione in prospettiva centrale del pavimento a piastrelle di maiolica (la cui scacchiera costituisce una sorta di “misura” visiva) riescono a creare un profondo senso spaziale e a proiettare idealmente lo spettatore dentro la scena con una efficacia che davvero nel Trecento aveva pochi precedenti.



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