La prepotenza della burocrazia raggiunge livelli non immaginabili con Meri Rovina, signora di 74 anni che vede rifiutata la propria pensione per un evidente errore. Oltre al danno anche la beffa, visto che dovrà spendere di tasca propria 14€ di marca da bollo per farsi fabbricare un certificato di esistenza in vita. Solo con quello, successivamente, potrà fare nuovamente richiesta all’Inps per vedersi accreditata la pensione, non prima di febbraio però.
Da Lanazione.it
di Igor Vanni
San Giuliano Terme (Pisa), 13 dicembre 2020 – “Le spiego io perché non ha ricevuto la pensione: lei è morta”. Sul momento Meri Rovina, 74 anni, l’ha presa a ridere, ma poi è subentrata la rabbia quando dall’Inps le hanno comunicato che per loro risultava morta e che adesso avrebbe dovuto fare tutta una serie di pratiche per dimostrare che era ancora in vita. Non basta presentarsi agli uffici provinciali, troppo facile: serve un certificato di esistenza in vita (16 euro di marca da bollo), con quello andare a un patronato per farsi fare la ricostituzione della pensione e solo in seguito tornare all’Inps. Il risultato di tutto ciò, sarà che la signora Meri Rovina non percepirà la pensione almeno fino a febbraio. “Una situazione grottesca – ci racconta Meri –: non basta nemmeno l’autocertificazione, presentarsi di persona con documento d’identità e codice fiscale. No, serve un certificato di esistenza in vita per il quale ho dovuto pagare la marca da bollo da 16 euro, il tutto per dimostrare che sono ancora viva”.

Ma come è potuta succedere una cosa del genere? “Non me lo so spiegare. Mi hanno solo detto che risulterei morta in data 20 ottobre 2020: nessun mio parente è morto in questo periodo, forse si tratta di un caso di omonimia, ma il codice fiscale dovrebbe servire proprio a evitare questo”. Rovina si è accorta di tutto ciò quando il 3 dicembre ha chiesto chiarimenti alla sua banca per il mancato accredito della pensione, quindi la telefonata all’Inps e l’amara scoperta. “Sono andata in piazza Guerrazzi alla sede dell’Inps, ma non ricevono e bisogna scaricare una App per prendere l’appuntamento: me lo hanno dato per mercoledì. Nel frattempo sono stata chiamata spiegandomi che devo fare tutte queste operazioni per dimostrare che sono viva e farmi accreditare di nuovo la pensione. A un errore dell’ente, deve essere il cittadino a rimediare, oltretutto spendendo soldi? Non solo, è regolare che una persona anziana debba sapersi districare tra app e appuntamenti online? Prendiamola a ridere…”.
