È accertato che la malattia, come polmonite atipica, ha circolato da fine 2019 senza che ce ne accorgessimo, il successivo clima di terrore, unito ai protocolli di cura sbadati e alle direttive sulle autopsie, hanno contribuito alla distruzione del Paese.
Tratto da La Verità
di Silvana De Mari
Una ricerca dell’Istituto dei Tumori di Milano e dell’Università di Siena, condotta su soggetti sani arruolati per lo screening per il tumore al polmone, ha retrodatato a settembre 2019 la circolazione del virus in Italia recuperando i «vecchi» campioni di 959 persone, raccolti tra settembre 2019 e marzo 2020, e analizzandoli: gli anticorpi contro Sars-CoV-2 sono stati nell’11,57% del totale anche nei campioni raccolti a settembre 2019. Ciò significa che sarebbero 7 milioni gli italiani contagiati a fine marzo 2020: numero molto vicino alle stime dell’Imperial college, che parlavano di 5,9 milioni di contagiati al 28 marzo.
Questo vuol dire due cose: la prima è che i contagiati sono moltissimi, e quindi il tasso di mortalità è molto più basso di quanto normalmente è considerato. Il dato di una mortalità dello 0,05% per gli under 70 ipotizzato da uno studio dell’Oms e molto contestato sembra il più vicino alla realtà.
La seconda deduzione, ancora più spettacolare, è che il virus ha circolato serenamente per mesi senza alcuna chiusura e non ce ne siamo accorti. Siamo anche, nella stragrande maggioranza dei casi, sopravvissuti.
Tutti gli anni, da ottobre a marzo, i medici di medicina generale si trovano davanti, causa influenza, polmoniti interstiziali e polmoniti atipiche di persone soprattutto anziane. Nell’inverno tra il 2018 e il 2019 le rianimazioni del Nord Italia e soprattutto della Lombardia erano piene per l’alto numero di polmoniti atipiche: semplicemente, i media non ne parlavano. Le polmoniti interstiziali e atipiche si presentano nel 2019, e vengono curate come sempre: sembra siano più numerose e più aggressive che di norma, ma ugualmente, come sempre, nella maggioranza dei casi si risolvono nel giro di qualche giorno. Salvo una percentuale di casi in cui i malati sono morti: soprattutto persone anziane con patologie pregresse.
Forse ci sono state più polmoniti e forse sono state più aggressive ma, nel caso, non ce ne siamo accorti: abbiamo continuato a vivere le nostre vite con la normalità del quotidiano. I morti sono morti da esseri umani, non da cani, circondati dai loro cari se ne avevano, assistiti da infermieri, con l’estrema unzione se l’hanno chiesta. A fine febbraio, arriva il coronavirus. Anzi. Il virus pare arrivato prima. A fine febbraio, arriva il terrore per il coronavirus. Questo terrore è stato creato dalla Cina, con una spettacolare operazione di marketing. La Cina, questo è il colpo di genio, non ha mentito: ha denunciato poche migliaia di morti perché ha avuto poche migliaia di morti su una popolazione sterminata, e la notizia è arrivata in Occidente accompagnata da immagini terrificanti, girate da cellulari, con una geniale finzione di essere girate di nascosto: persone che crollavano per strada, l’esercito che richiudeva altre persone dentro casa inchiodando assi sulla porta. Tutti noi, ingenui, prima abbiamo creduto alla veridicità delle immagini e abbiamo dato per scontato che la Cina mentisse sul numero di morti (che non poteva che essere superiore, perché non è pensabile che una nazione venga paralizzata con la popolazione agli arresti domiciliari per la mortalità di una normale influenza o poco più). I numeri dati dalle autorità erano probabilmente corretti, i video sulla terrificante pericolosità della epidemia non sapremo mai chi li ha girati e chi ce li ha fatti arrivare. In questa maniera la paura ha distrutto l’Occidente, e in particolare l’Italia.
A fine febbraio, siamo stati inondati di informazioni che affermavano l’estrema pericolosità di dare antinfìammatori, e in particolare l’aspirina e il Brufen (che tutti abbiamo in casa) e raccomandavano il solo uso della tachipirina, che non è un antinfiammatorio e quindi non ferma il Covid-19, il cui meccanismo pato-genetico è l’infiammazione.

La malattia è curabile
II ministero della Salute conferma di avere di fronte una malattia completamente nuova, apparentemente incurabile e ferocemente mortale. La malattia è nuova, ma non pare affatto incurabile e ha fortunatamente una letalità molto bassa. Grazie al fatto che, sempre per volontà del ministero della Salute, inizialmente non si fanno autopsie, la malattia resta quasi incurabile per un incredibile numero di settimane, trattata purtroppo con la tachipirina, che è un antipiretico, non un antinfiammatorio. Non blocca la tempesta di citochine con cui il Covid aggredisce e uccide. In compenso, blocca la febbre che, in mancanza di altro, è l’unica difesa dell’organismo.
Le persone malate sono state isolate: terrorizzate e isolate. Tutto quello che avevano era un numero telefonico messo a disposizione dal ministero, cui spesso non rispondeva nessuno. La gente si è aggravata: qualsiasi tipo di polmonite atipica se, invece di curarla con antinfìammatori, antibiotici e cortisone, la curate con altro, si aggrava.
I pazienti sono rimasti soli, con le loro polmoniti atipiche, in isolamento, disperati. Quando, dopo una decina di giorni senza cure, è arrivata la terribile tempesta di citochine, sono andati in ospedale in fin di vita e a quel punto la ventilazione meccanica non ha aiutato. Gli ospedali sovraffollati sono collassati. Medici e infermieri costretti a vedere solo pazienti Covid, esposti a ripetuti contatti senza protezioni adeguate, sono morti.
Le infezioni scomparse
Secondo la versione ufficiale, il Covid avrebbe distrutto le infezioni ospedaliere. Siamo uno sciagurato Paese che perde ogni anno circa 40.000 pazienti a causa di infezioni ospedaliere. Un Paese dove gli ospedali sono poveri, dove il taglio sulla sanità è il mezzo con cui tutti risparmiano quattrini, e dove aumenta il numero di infezioni ospedaliere. L’infezione ospedaliera è l’infezione da parte di un batterio contratto in ospedale: è quindi, per definizione, un’infezione difficile se non impossibile da trattare, perché si tratta di un batterio particolarmente carogna, selezionato da una serie di battaglie durissime con cui ha imparato a resistere a tutti gli antibiotici.
Nell’emergenza Covid-19 i morti di infezione ospedaliera paiono scomparsi. Le alternative sono due: o due terzi dei cosiddetti morti Covid sono «normali» morti da sovrainfezione batterica su una sindrome virale, oppure il Covid-19 ha distrutto i batteri antibiotico resistenti.
L’ipotesi più verosimile mi sembra la prima, ma non vorrei essere accusata di «negazionismo». Molti dei pazienti defunti possono aver contratto l’infezione ospedaliera perché avevano il Covid, certo, ma non l’avrebbero contratta nel caso se fossero rimasti a casa. Qualsiasi patologia non curata a casa moltiplica le possibilità di decessi causati da infezioni ospedaliere. Un ministro della Salute dovrebbe fare tutto il possibile perché le patologie siano curate a casa. Ma il ministero della Salute ha fatto il contrario. Ora il Tar ha affermato che i medici di base non possono assistere i pazienti Covid a domicilio. Una catastrofe.
La demonizzazione dell’idrossiclorochina, un antimalarico dal costo bassissimo che permette di controllare l’infezione da coronavirus, e la beatificazione della tachipirina stanno portando a un disastro sanitario, senza il quale non sarebbe possibile il disastro civile dell’annullamento delle libertà più elementari. Un popolo che ha perso l’anima è talmente terrorizzato dall’idea di perdere la vita da adattarsi alla rinuncia della totalità dei suoi diritti umani, con un’economia distrutta, una scuola distrutta, la religione e le tradizioni più importanti e fondamentali distrutte. Non siamo stati gli unici: l’impressione molto forte rischia di essere quella dì una regia globale.
Nei circoli economici più elitari gira l’idea dell’epidemia come occasione per resettare tutto, per il via alla quarta rivoluzioìie industriale

Nel frattempo a Davos, ridente cittadina della Svizzera tedesca, si parla ossessivamente di «resettare». Il professore Klaus Schwab, fondatore del World economic forum di Davos, scrive addirittura libri sul cosiddetto «Great reset», il titolo completo è «Covid-19 The Great reset», dove spiega l’incredibile «fortuna» che è stata questa epidemia. Grazie a essa, infatti, si riuscirà a resettare un’intera civiltà, le sue buffe abitudini, le sue buffe famiglie, la sua buffa religione e fare la quarta rivoluzione industriale: una rivoluzione digitale.
A causa del virus, tutte le libertà saranno annullate, meno quella di stare davanti a uno schermo. Tutte le attività produttive saranno trasferite alla Cina, dove l’idrossiclorochina si può usare e il Pil vola.
Non c’è bisogno di avere fatto corsi post universitari di complottismo: bastano elementari, medie e la storica capacità di fare due più due e arrivare alla conclusione che fa quattro, per cominciare ad avere grossi dubbi che qui ci sia un micidiale disegno che punta a gestire le conseguenze del virus.
Una delle poche voci che lo ha detto chiaramente è quella di padre Livio Fanzaga di Radio Maria. Una delle poche voci che lo ha detto chiaramente è quella di monsignor Carlo Maria Viganò. Il nemico è dentro le porte, ma non tutti i pastori hanno abbandonato. Padre Livio e monsignor Viganò hanno fatto sentire le loro voci. Migliaia di medici della mutua, infischiandosene delle direttive, stanno veramente curando i malati. Centinaia di anatomopatologi di tutto il mondo, infischiandosene delle direttive, hanno fatto le autopsie e reso la malattia curabile. Milioni di uomini e donne in tutto il mondo si stanno rendendo conto della trappola, e la stanno infrangendo.
